Salvatore Satta a cura di Angela Guiso

recensione di Costantino Cossu

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Il MESSAGGERO    

RENATO MINORE

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http://spettacoliecultura.ilmessaggero.it/libri/salvatore_satta_mia_indissolubile_compagna_lettere_amore-3465513.html

 

Sandro Maxia

Decano dei contemporaneisti italiani

 

“L’epistolario che lei ha disseppellito (…) è qualcosa di fantastico, bellissimo e da lei curato benissimo; appena ho letto l’articolo di Maria Paola Masala sono andato in libreria e ho cominciato a leggerlo (…) Da molto non leggevo un libro con tanta partecipazione e intima gioia”

 

 

 

Franco Mannoni

scrittore e lettore consapevole

 

"Ben altro peso ha il giudizio di Sandro Maxia rispetto al mio, di semplice lettore. Però intendo far conoscere la mia meraviglia per un epistolario vivo, intenso, fervido, appassionato. Che rivela ancor di più di quanto non conoscessimo del nostro straordinario scrittore e della sua compagna. Di quanto già non ci avesse raccontato Laura Boschian nella sua autobiografia, e Satta attraverso il "Romanzo" o i suoi "Padrigali". Il libro è avvincente, come e più di un romanzo e passa subito di mano in mano. Grande operazione letteraria e culturale l’averlo scoperto, curato, ordinato e pubblicato. Complimenti ad Angela Guiso, per la competenza e l’amore con i quali ha sostenuto questo impegno". 

 

 

 

IL PICCOLO

 

“Mia piccola pulce” diceva Salvatore Satta alla sua amata Laura

In “Mia indissolubile compagna” le lettere fra il giurista che fu prorettore nell’ateneo cittadino e la moglie triestina

 

di PAOLO MARCOLIN


Da quel formale “cara signorina Laura” della prima lettera scritta nel 1938, al “cara Mucio” dell’ultimo biglietto, datato 1971, si svolge il nastro che lega la storia d’amore lunga tutta una vita tra Salvatore SattaLaura Boschian. Il centinaio abbondante tra lettere, biglietti, cartoline postali e telegrammi scritti in oltre trent’anni, è raccolto ora nel volume “Mia indissolubile compagna”(Ilisso editore, pagg. 345, s.i.p.) e svelano “un uomo che non ti aspetti”, come sottolinea la curatrice Angela Guiso. Perché questi frammenti di un discorso amoroso vanno oltre il pur forte legame d’affetto che univa il giurista sardo alla slavista triestina, conosciuta all’Università di Padova nel 1938 e sposata l’anno successivo, e fanno scoprire un lato inedito, solare, aperto all’ironia, di un uomo di cui dai suoi libri, tutti pubblicati postumi, è nota l’attitudine alla riflessione morale virata al nero. Se per esempio, lui a Nuoro e lei a Trieste, tarda a rispondere a una lettera di Laura, Salvatore, anzi, Bob, come si firma spesso, abbreviazione del sardo Bobore, si giustifica così: “La colpa è dei pranzi che durano sette ore e mezza (senza esagerazione). Ecco il menù: tacculas, culurjones, casizolos”. 
Altrove il tono diventa intimo, piano, come un sussurro. In una delle ultime lettere scrive: “Molta dolcezza è distillata dalle tue parole nel vecchio cuore. Sei pur sempre la semplice, elementare, misteriosa Pulikitta”. E si intuisce come la donna, la piccola pulce, pulikitta in sardo, abbia incarnato per Satta una sorta di figura salvifica che aveva il potere di vincere la sua privatissima angoscia, la cui origine affondava molto probabilmente nella sua vicenda biografica. 
Se il giurista sardo, nato a Nuoro nel 1902, fu indubbiamente un uomo tormentato, visitato da un opprimente senso di morte, lo si deve probabilmente alla tubercolosi che lo colpì, giovane neo laureato in legge. Per curarsi trascorse un periodo in sanatorio a Merano, e quella esperienza travasò ne “La veranda”, una sorta di autobiografica risposta italiana alla “Montagna incantata”.
Eppure nella corrispondenza con la fidanzata e poi moglie triestina tutta questa angoscia svanisce. Non solo, ma la corrispondenza con Laura diventa un aspetto di quel necessario definirsi attraverso la parola che è la molla di ogni scrittore. Laura, che per l’introverso Satta rappresentò la bussola esistenziale, nell’epistolario assume anche il ruolo di preziosa confidente cui mettere a parte delle proprie letture, da Dostoevskij a Pascal, e del percorso di perfezionamento che con esse si nutriva. Nella sua corrispondenza, a volte scritta con una mescolanza linguistica di sardo, russo, tedesco e inglese, e che lasciava spazio a giochi di parole e divertissement (”Io voglio che Laura rida, non però far ridere Laura!”) che pure erano nella natura di un uomo che sapeva e godeva ad essere spiritoso, e che si firmava in mille modi, Ivan Ilic, Bob Ossipovitz, Bobore, Bibiz, e che parlando di sè stesso si nascondeva dietro le maschere di Robinson Crusoe, Pel di Carota, Pier della Vigna, ci sono pochi accenni alla sua attività professionale, che peraltro fu di notevole rilievo. Oltre a essere stato docente di Diritto in diverse università, Satta fu prorettore dell’Università di Trieste tra il 1945 e il 1946, un anno particolarmente difficile, segnato dal processo di epurazione voluto dagli Alleati, mentre nel 1946 salì a Parigi, alla conferenza sul trattato di pace che doveva ridefinire i confini, per perorare la causa degli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria. 
Sono invece ricche di avvenimenti famigliari, come quando c’è in ballo l’acquisto di una casa a Roma per 32.000 lire, e Satta si affida “all’occhio di Mucio” per decidere se accettare. Per comunicare bastava una cartolina, un biglietto spedito da un albergo. Satta viaggiava per lavoro e lo si immagina pescare in qualche stazione un biglietto per scrivere poche righe a casa, come queste, senza interpunzioni, come un tweet: “Mantengo promesse sereno non fumo arrivo stasera”. Ma i viaggi in treno potevano anche essere seccanti, soprattutto se si finiva nel bailamme

del mondo dello spettacolo, come nel gennaio del 1959: “Sono rientrato con un giorno di ritardo dovuto al festival di San Remo. Questa eletta schiera di rappresentanti della repubblica aveva infatti occupato tutti i posti della vettura letto”. 

©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

  12 febbraio 2018

 
 
 
 

 

IL MATTINO 20 marzo                                                                                               CULTURA e SOCIETà, p. 16

Fabrizio Coscia

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https://www.criticaletteraria.org/2018/03/ormai-avevo-preso-la-coincidenza-per.html
Mia indissolubile compagna.
Lettere a Laura Boschian 1938-1971
di Salvatore Satta
a cura di Angela Guiso
Ilisso, 2017
pp. 345
€ 11,00
All’interno del FASS, il Fondo Autografi Scrittori Sardi Moderni e Contemporanei custodito presso la Biblioteca Interfacoltà degli Studi Umanistici dell’Università di Sassari, ci sono, tra i moltissimi documenti, 120 messaggi. Si tratta di cartoline e, in massima parte, di lettere, vergate quasi sempre su carta celestina e variamente intestata, indirizzate da un giovane professore di giurisprudenza di origine nuorese a una slavista di origine triestina. Lui è Salvatore Satta (1902-1975), destinato a diventare il più importante e famoso giurista-scrittore della Sardegna, e lei è Laura Boschian (1913-2001), sua futura moglie nonché madre dei figli Filippo e Luigi. I due si conoscono alla fine degli anni Trenta, all’Università di Padova, quando lei è assistente volontaria all’insegnamento di Letteratura Russa e lui sta per lasciare la cattedra per trasferirsi a Genova. Così, quello che poteva essere un incontro mancato diventa un incontro fatale. Satta (più tardi solo “Bob”, abbreviazione di “Bobore”, ovvero Salvatore in dialetto barbaricino) inizierà subito un intenso corteggiamento epistolare, che non si interromperà nemmeno dopo le nozze: la scrittura a Laura sarà sempre per lui una dolce e necessaria consuetudine, parte integrante dell’unione con la propria anima gemella. Questa fitta corrispondenza, ora pubblicata da Ilisso a cura di Angela Guiso, è dunque la cronaca privilegiata di una lunga storia d’amore, le cui tracce epistolari – riunite sotto un titolo, Mia indissolubile compagna, che restituisce il senso di un legame esistenziale prima ancora che matrimoniale – prendono il via nell’autunno inoltrato del 1938 e si protraggono, con frequenza ora più fitta ora più rarefatta, fino alla primavera del 1971.

Si capisce subito che l’incontro di Salvatore con Laura – nome che di per sé già si presta ai più ovvi parallelismi letterari – sconvolgerà l’uomo più di quanto avrebbe mai potuto prevedere. E a leggerne il racconto che ne fa la futura Signora Satta (riportato da Angela Guiso nella Prefazione in base alla testimonianza della nipote Ignazia, figlia del primogenito Filippo) si reagisce con sorpresa nel constatare il garbo e l’audacia del “giurisperito da giovane”, in una scena che pare la prima pagina di una brillante sceneggiatura:
«Stavamo in cerchio col bicchiere in mano a dire cose senza rilievo. Ma in un momento di silenzio Satta, che mi stava di fronte, si rivolse a me con una domanda rilevantissima personale indiscreta di un’attualità che lui pareva aver subito indovinato: “Scusi, lei è per caso fidanzata?”. “No” risposi, senza neppure sdegnarmi per l’indiscrezione. “Perché?”. “Perché potrei innamorarmi di lei e non voglio pasticci”».
Ma l’amore, proprio come temuto, verrà. E chi conosce il Satta autore del De profundis (1948), del monumentale Commentario al codice di procedura civile (1966), dei Soliloqui e colloqui di un giurista (1968) e soprattutto del capolavoro postumo Il giorno del giudizio (pubblicato post-mortem alla fine degli anni Settanta), stenterà a sovrapporne la statura con quella dell’uomo vinto dal sentimento, talvolta lunatico, sensibile alla distanza, spesso enfatico, capace di slanci lirici commoventi e allo stesso tempo consapevole amministratore di una personalissima verve narrativa. La lettura di queste epistole a Laura, insomma, sortisce in più punti lo stesso effetto dei Padrigali mattutini, ovvero di quella corrispondenza domestica sattiana fatta di irresistibili “pizzini” già pubblicata da Ilisso nel 2015 a cura di Valerio Magrelli, e caratterizzata da una vena buffa, grottesca e autoironica. Il Bob che scrive a Laura, prima per conquistarla e poi per ribadirle il suo amore per lei e per la famiglia, è lo stesso individuo intimamente istrionico che si divertirà a disseminare per la casa biglietti volanti dalla molteplice firma (da Bibi a Ettore, da Pater Bibus a Bibi Dante, da Rolandino a Romeo, da Ulisse a Pindaro, per non citarne che alcune). Ma soprattutto, ed è questo a renderlo così vicino a chi legge, è un uomo spogliato da quella veste istituzionale che si farà anno dopo anno più prestigiosa, nudo al cospetto della sua (per noi silente) interlocutrice anche quando la sua prosa si fa più ricercata e i suoi riferimenti più dotti: perché è proprio in quelle occasioni testuali, in cui si esprime il desiderio di piacere alla persona amata o si sottolinea l’intimità privilegiata dell’intesa, che c’è tutto lo struggimento sentimentale di chi si preoccuperà sempre di essere all’altezza del ruolo di marito, genero, cognato e padre, e dunque tutta la paura di deludere, tutto il sospetto di non essere mai abbastanza.
Il “cuore morbido” del volume, vale a dire l’epistolario in senso stretto, è ben protetto dall’armatura critica e filologica curata da Angela Guiso, che oltre a redigere la bella e appassionata Prefazione correda ogni singola lettera di un apposito cappello descrittivo e di utilissime note a piè di pagina, la cui stesura è tanto più apprezzabile dal momento che, proprio per ammissione della studiosa, «ha comportato problemi relativi alla penuria di informazioni su luoghi, fatti, persone, pertinenti la cerchia di parenti, amici e colleghi della coppia Satta Boschian, stante l’epoca anche remota cui si riferiscono» (e ha dunque fatto tesoro della consulenza diretta con Luigi Satta, secondogenito di Salvatore, e sua moglie Dolores Antequera, più altri affidabili e competenti testimoni). La Scheda biografica e quella di consistenza epistolare, la ricca Bibliografia e l’Indice dei nomi, senza dimenticare l’Appendice contenente l’intervista a Claudio Delitala, figlio dell’avvocato penalista Giacomo, amico di Salvatore Satta, contribuiscono a fare di Mia indissolubile compagna un volume indispensabile sia per gli estimatori sia per gli studiosi del giurista-scrittore. «Ormai avevo preso la coincidenza per Satta», disse Laura Boschian nel commentare il primo incontro con il futuro compagno di una vita. E così adesso pure a noi, già cultori del Satta pubblico e privato o semplici amanti del genere epistolare, non resta che fare – ancora una volta, o per la prima volta –  lo stesso.
Cecilia Mariani
 

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